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democrazia diretta

Wednesday, January 24th, 2024

ciao a tutti: a chi legge, a chi non legge, a me che tornerò a leggere, qui, un giorno, annoiato, sfatto, triste, sull’orlo di un’ennesima crisi.
non so da quanto non passavo, ma non mi importa ora divagare sul solito tema che soggiace a questo blog invisibile: tempo che passa, è il suo nome in codice. i giorni scorrono, la pelle morta scivola via da noi, ci rinnoviamo biologicamente senza accorgercene, e così rimaniamo gli stessi. le cose da fare rimangono, si rimandano, la gente muore, non è questo il punto, ora.
è la prima volta che scrivo, quest’anno detto 2024, dunque auguri. e ci siamo

di ritorno dalla montagna, la sedia del mio studio è molto comoda. non sono ricco, solo borghese quanto basta: se leggi, bene o male condividiamo questa condizione. ci invidiamo a vicenda, forse, ma siamo pressappoco uguali. piacere di non esserci mai visti.
il mio studio è una stanza ricavata divenuta studio, ci sono una scrivania, molti libri, questa sedia molto comoda: in montagna non ce l’avevo, e ora che ci sto seduto sopra mi accorgo che è molto bello sedercisi.

attacco una tastiera meccanica al pc, per scrivere, che fa molto sovietico, macchina da scrivere, non so. è più facile fare refusi, con questa: il programma è tarato in inglese, così mi batte errore – le celebri lineette rosse sotto le parole – per ogni vocabolo italiano: se ci sono refusi, pazienza.

sto scrivendo la tesi, laurea magistrale. non dico quale, perchè non ho una personalità così spiccata, non mi importa dire chi sono, da dove vengo: l’anonimato invece mi preme, perchè è poco di moda, di questi tempi. il potersi nascondere quanto più, mi sembra sia quel poco che ci rimane. poi la gestapo del pensiero ci trova lo stesso, c’è una mail e qualche codice che conduce a questa casa, a questo studio, ma insomma, non dirò niente di perseguibile penalmente, anche se la sincerità è rischiosa, porta poca grana e molte grane, per lo più.

non dico l’argomento della tesi, l’università, la città, e via così. pensate a voi stessi, il vostro volto, i vostri occhi smunti su un dispositivo qualsiasi, la vostra città, il vostro sorriso un po’ avvizzito. stiamo invecchiando, ma non è questo il punto.

un quarto di secolo e qualche mese, certo per l’età media – … – sono fresco, ma poi ciascuno ha quel rapporto speciale con i suoi mali, il morboso relazionarsi alla propria malattia, le debolezze. oggi sono stato a correre. è stato bello. se non l’avessi fatto forse non sarei qui. ma neanche questo è il punto.

arrivo al punto. questa stanza è colma di libri, di cultura condensata, di parole addensate in volumi, se si mangiassero potrei sentirmi sazio per anni, in prospettiva. ma li mangia la mia testa che è limitata e via via, passa il tempo e quella gioca coi ricordi, dimentica in modo frazionato, trattiene la granaglia e perde il resto. per la maggiore, i libri si consumano come le caramelle, ci somigliano sotto molti aspetti.

affianco a me c’è un piccolo volume di murray bookchin, democrazia diretta. è piccolo, stretto, stringato, striminzito. scritto bene, scorrevole, a suo modo rivoluzionario – quest’espressione vomitevole è parte di quell’ovvio che ci lega gli uni agli altri, la uso per sentirmi in pace con l’idea di dire qualcosa di diverso da te, e da te, da voi. parliamo uguale, tutto sommato, e se mi distinguo, è perchè mio padre ha pagato le tasse dell’università ma io non studiavo e basta, ma anzi studiavo poco, e la maggior parte del tempo mi drogavo. non è il punto.

è un libro secco, ma non riesco a leggerlo. l’ho preso in biblioteca, l’ho posticipato perchè mi scadeva, ho troppi libri intorno e non riesco quasi a leggere. santo dio, è così. bulimia del cielo, non si riesce a leggere all’idea di aver troppo da leggere.

per me del futuro: come va ora? è un po’ migliorata la situazione ora che la prestazione è giunta in fondo, il titolo è in saccoccia, la corona sulla testa – di cazzo – e il costume da straccione l’hai indossato, per festeggiare la tua vanità?

fammi sapere. nient’altro da riferire. l’appennino è un bel posto, ti consiglio di andarci più spesso. la pianura ammazza più lentamente, ma un po’ alla volta ti prende tutto, ti asciuga e ti lascia come un accozzaglia di doveri inesausti. l’uomo di pianura è una mezza calzetta, le cose gli avvengono intorno ma lui non sa come né perchè, sa solo che deve andare a lavorare e che ha sempre molto da fare. auguri, buon anno, buona fine stesura della tesi. aggiorno sul come va: allego foto della proclamazione. buonanotte