The Great Disruption | Fine o trionfo dell’astrazione – di Franco Bifo Berardi

 

Un testo di Bifo pubblicato il 6 ottobre su effimera. Toccante e significativo anche lo scritto precedente, Destino Manifesto, reperibile a questo link.

In Gran Bretagna mancano centomila camionisti per soddisfare i bisogni del mercato. Le merci scarseggiano nei negozi, file di auto per comprare la benzina. Negli Stati Uniti secondo il New York Times (Matt Phillips: Wall Street is obsessed with the price of used cars, October,1) il prezzo delle automobili usate cresce alle stelle perché la produzione di auto è paralizzata.

Durante la pandemia la gente ha preferito i trasporti individuali piuttosto che quelli pubblici. Ma la produzione di auto è stata ridotta, molte fabbriche hanno quasi interrotto la produzione per proteggere dal virus gli operatori, che lavorano in spazi molto ristretti. Inoltre la limitazione nelle forniture di chip elettronici, dovuta a limitazioni simili ha impedito ai produttori auto di tornare alla produzione normale per tutto questanno. Così i consumatori si sono fondati sul mercato dellauto usata catapultando i prezzi verso lalto.

Questi sono solo due degli innumerevoli esempi di un fenomeno che sta esplodendo, e non è solo effetto della pandemia, ma anche del caos sistemico che sta investendo il daily business of life in tutto il pianeta. Il caos della disintegrazione del ciclo globale delle merci, il caos geopolitico prodotto dalla simultanea disfatta afghana dell’Occidente e l’apertura di un nuovo fronte di guerra che punta a mettere sotto assedio la Cina.

Non si tratta di una crisi economica come quelle del secolo passato: non si tratta dell’esplodere di una crisi finanziaria che investe l’economia reale.

Al contrario finora i mercati finanziari godono di buona salute, e gli indici della ripresa post-Covid sembrano buoni in molti paesi, come l’Italia, anche se non siamo affatto in un’era post-Covid, perché il vaccino non sembra aver sconfitto il virus.

Sulla scena del mondo all’inizio del terzo decennio del secolo si svolgono in contemporanea due processi, per effetto della pandemia. Da un lato assistiamo al collasso dell’astrazione, alla perdita di controllo dell’astrazione sulla realtà concreta: un’entità materiale sub-visibile e proliferante ha mandato in tilt il sistema semiotico che sorreggeva l’economia globale.

Il virus è un’entità di confine tra sfera biologica e sfera informazionale. Il bio-virus perciò si è trasformato in un info-virus che ora agisce come psico-virus, infettando la mente collettiva.  L’astrazione finanziaria non ha potuto in alcun modo contenere governare o dissolvere gli effetti del virus, e non è in grado di agire sulle forme psichiche in cui la mutazione virale si manifesta.

Però allo stesso tempo assistiamo a un paradossale trionfo dell’astrazione: la sfera astratta della computazione e della finanza si separano in modo radicale dalla vita quotidiana e dal ciclo di produzione e distribuzione delle merci.

Due tendenze apparentemente incompatibili si manifestano al medesimo tempo: il ciclo globale della produzione è interrotto in molti punti, il caos si diffonde nella catena integrata della distribuzione (great supply chain disruption) la disoccupazione cresce, dovunque la società si impoverisce, il lavoro si precarizza, i salari scendono. Contemporaneamente però il sistema borsistico è caratterizzato da una tendenza al rialzo, e le grandi compagnie del ciclo digitale realizzano enormi profitti rafforzando il dominio dell’assenza sulla presenza.

Così si manifestano due tendenze in parallelo e in contrasto: l’astrazione è stata privata della sua potenza da una sub-visibile concrezione materica, da un virus che prolifera nel corpo sociale fino al punto di interrompere la compatibilità del corpo con l’automa. Al tempo stesso però l’astrazione accentua la sua indipendenza e la sua esteriorità rispetto alla vita sociale concreta. Non so se questa sconnessione schizofrenica sia destinata a durare a lungo, ma possiamo aspettarci che la più grande bolla finanziaria di tutti i tempi sia destinata a esplodere in qualche futuro.

Poiché l’astrazione – cioè il sistema interconnesso degli automatismi tecno-finanziari e dei flussi di informazione – diviene sempre più incapace di interagire con il collasso della materia organica, psichica e sociale possiamo aspettarci che a un certo punto l’intera macchina globale collassi, trascinando con sé la matematica di scambio astratto di nulla con nulla.

Mentre il profitto cresce, si disgregano le giunture della vita civile.

Great Supply Chain Disruption

Cerchiamo di vedere più da vicino il collasso del ciclo concreto della riproduzione sociale. La ripresa della domanda non dipende soltanto da fattori economici, né da un intervento finanziario, o dalle iniezioni di liquidità delle banche centrali che suscitano un’attesa quasi messianica a mio parere destinata a essere presto delusa. La ripresa della domanda dipende anche e soprattutto da scelte culturali, aspettative psicologiche, e in ultima analisi dall’oscillazione psichica che la pandemia ha provocato e che andrà dispiegando i suoi effetti patogeni nell’arco di un periodo molto lungo. L’astrazione tecno-finanziaria non ha presa sulla concretezza del biologico, e dello psichico.

Uno degli effetti dell’interruzione virale del cicli economici è il collasso della globalizzazione, che già era stata attaccata dal ritorno del nazionalismo. Negli ultimi tempi si manifesta un fenomeno completamente nuovo, almeno nelle dimensione attuali. Alcuni la chiamano Great Supply Chain Disruption: scoordinamento e rottura della sincronizzazione del ciclo globale di produzione e distribuzione di merci.

In un articolo dal titolo The world is still short of everything. Get used to it scrivono sul New York Times

Ritardi, mancanza di merci e prezzi crescenti continuano a incasinare gli affari grandi e piccoli. I consumatori si trovano a fare i conti con unesperienza che un tempo era rarissima: alcune merci non sono disponibili, e non si sa quando potranno ritornare. Di fronte a una prolungata mancanza di componenti elettroniche la Toyota ha annunciato il mese scorso di ridurre del 40% la produzione di auto. Le fabbriche in tutto il mondo stanno limitando le loro operazioni, nonostante la domanda di beni, perché non possono comprare parti meccaniche, plastiche e altri materiali grezzi. Le compagnie di costruzione pagano molto di più per avere materiali e sono costrette ad aspettare settimane e talvolta mesi per ricevere ciò di cui hanno bisogno. La Grande Interruzione della Catena di Fornitura è un elemento centrale dellincertezza straordinaria che continua a incastrare le prospettive economiche in tutto il mondo. Se queste interruzioni continuano nel prossimo anno si potrà determinare un aumento dei prezzi in ogni ambito del mondo delle merci. Il mondo sta così imparando una dolorosa lezione su come sono interconnessi i processi produttivi su grandi distanze.

Il fenomeno qui descritto è diverso dalle crisi del passato che riguardavano il rapporto tra sfera industriale e sfera finanziaria: si tratta qui di una sconnessione della catena fisica della produzione, un effetto di caos provocato dalla pandemia e rafforzato dal collasso geopolitico che dopo Brexit e trumpismo sta sconvolgendo l’ordine globale.

Un container che non può essere caricato a Los Angeles perché molti trasportatori sono in quarantena è un container che non porterà la soya in Iowa, lasciando in attesa i compratori in Indonesia e potenzialmente facendo scarseggiare il foraggio per animali in Asia del sud. Un blocco inatteso negli ordini di televisioni in Canada o in Giappone accentua la mancanza di chips per computer costringendo i produttori a rallentare le linee di produzione dalla Corea del sud alla Germania al Brasile. Non si vede una uscita da questa situazione dice Alan Holland, esecutivo di Keelvar, una compagnia che ha sede a Cork, irlanda, che produce software per il controllo di catene di produzione. Potrebbe durare a lungo.

Interessante, no? Per decenni il capitale ha garantito il funzionamento integrato della distribuzione globale, ha stimolato consumi per gran parte inutili e dannosi, e ha compensato la miseria esistenziale con una fornitura costante di merda consumistica. Ma ora questa compensazione si sta sgretolando. Il prezzo dei trasporti marittimi dagli USA ai paesi asiatici si è moltiplicato per dieci volte nell’ultimo anno, e dall’aprile del 2021 il prezzo del gas e dell’energia elettrica sta crescendo vertiginosamente in tutti i paesi europei. La sconnessione dei cicli globali si manifesta con effetti di caos nell’economia globale. Il capitalismo entra in una fase caotica dalla quale difficilmente potrà uscire usando le leve della finanza e dello stimolo monetario, perché questa situazione di caos dipende dalla sfera del concreto, dei corpi che si ammalano, delle menti che impazziscono, delle appartenenze che si svincolano dal globale.

Comincio a pensare che dovremo presto accorgerci di un fatto sconvolgente: il denaro, che le banche centrali si preparano a versare nel calderone delle economie occidentali, sta perdendo il suo fascino e la sua efficacia.

E possiamo immaginare per il futuro la formazione e la secessione concreta di comunità autonome che garantiscano l’alimentazione, la cura, e l’educazione. Comunità fondate sul principio dell’uguaglianza e della frugalità, sul primato dell’utile rispetto al denaro.

Europei a Americani stanno aspettando la salvezza dai trilioni di dollari e di euro che le banche centrali promettono di iniettare nel corpo agonizzante dell’Occidente. Ma il denaro non serve ad animare un corpo depresso, psichicamente fragile, e forse moribondo.

Scismogenesi vuol dire morfogenesi per separazione. Nascita di organismi autonomi da un insieme che è diventato tossico. Forse questa è la direzione in cui stiamo dirigendo.

Il problema è però se la soggettività sociale sarà in grado di esprimere autonomia, cosa che al momento appare abbastanza improbabile. Quel che prevale sulla scena è la depressione di una generazione precaria incapace di solidarietà soggettiva, e il panico di una popolazione ormai al limite della crisi di nervi non solo per l’interminabile pandemia.

Il New York Times del 1 ottobre pubblica con nonchalance un articolo che appare come un appello al panico: Ready to go, in case of disaster

Sottotitolo: emergencies may call for evacuation. Prepare your essentials in advance.

Ai cittadini di ogni parte del mondo l’autorevole quotidiano consiglia di preparare una borsa con le cose indispensabili in caso di evacuazione, di metterci dentro vestiti per una settimana, qualcosa di caldo e qualcosa di impermeabile. I documenti indispensabili, il passaporto, le ricette con le medicine indispensabili, tutti i medicinali che potrebbero servirvi, coke dei documenti assicurativi. E anche una tanica di benzina e un po’ di cibo. E naturalmente una collezione di maschere, guanti sanitari. Caricatori per il cellulare, pile, una lampada. Ah, dimenticavo, anche qualche barretta di cioccolato.

https://www.nytimes.com/2021/08/30/business/supply-chain-shortages.html

https://edition.cnn.com/2021/09/29/business/supply-chain-workers/index.html

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