Indigestione

Ho un’enormità di cose da leggere, eppure scrivo. Secoli di cultura, di letteratura arretrata, il pensiero nobile d’un’infinità di pensatori eccellenti, ed eppure scrivo che non ci riesco a legger tutto ciò, e poi ad assimilarlo, ad accoglierlo dentro di me: ho bisogno di evacuare, di espellere tutte queste informazioni che accumulo come capitale culturale fittizio. E’ tutta finzione, a volte penso a certi libri che ho letto qualche mese fa in digitale e davanti i miei occhi si para una tabula rasa, un foglio bianco lindo perfetto; non un nome, non un riferimento alla trama, agli snocciolii dell’intreccio. Ad una reazione immediata, il vuoto totale. Un po’ alla volta, fra pianto e stridor di meningi, qualcosa lentamente affiora: nulla a che vedere con gli zero virgola zero zero quattro secondi che impiega gugol a fornirmi qualche milione di risultati indicizzati mostrati in relazione alla mia ricerca effettuata per parole chiave – fra l’altro scritte in modo errato. Nulla a che vedere, nulla da spartire – lui sa tanto di me, io so poco di lui ed altrettanto poco di me, e certe volte non so niente di quello che ho letto, che ho fatto, che ho scritto. E boccheggio, mi sento impotente e vuoto, svuotato – e dò la colpa alla tecnologia, agli schermi luminosi che ci accelerano processi negli occhi e nella testa, ma in pratica neanche di ciò so niente, e soltanto echi, impressioni vacue, sensazioni sbiadite, senso di smarrimento misto a un altro, una sensazione di sottrazione di qualcosa, come d’una linfa vitale che ci scivola via. E’ un nichilismo totale ed esistenziale, sistemico, quello che mi abbraccia, ed eppure sono fra i privilegiati del mondo – bianchi, maschi, etero ecc ecc, un rimembrar queste litanie che in alcun modo è utile alla causa di adesso, questa smarritudine senza compromessi possibili. Senza soste possibili, senza interruzioni possibili, senza vie di fuga credibili – la vita ci scorre fra le dita, ma l’arte del vivere ci è sconosciuta. E così restiamo qui, a lamentarci e ad invecchiare, a incancrenire il nostro sguardo sugli schermi che ci illuminano il volto di una luce fredda, senza storia.

“[…] d’un cambiamento di segno del futuro, da futuro-promessa a futuro-minaccia”, e quest’inondazione quotidiana di informazioni sulla catastrofe imminente ci paralizza, ci tiene inerti immobili a vedere le cose accadere, i soliti ad accaparrarsi le storie del mondo e scriverne a loro volta, inesorabilmente senza speranza, destinate all’estinzione – senza che ciò sia detto in modo esplicito, lasciato intendere fra le righe. Così la natura si manifesta nei cambiamenti climatici e nella crisi ambientale, e l’umanità è allevata e costruita nell’immaginario come a rischio per la sopravvivenza dell’intera specie.

lo spirito è rimosso, l’anima non esiste e dio neppure. c’è la pioggia, che se cade forte fa paura, da una macchina vicina proviene d’improvviso una musica forte, che dopo qualche secondo si spegne, voci nella pioggia, donne uomini ma pure bambini, è del resto sabato sera

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