Archive for January, 2023

Dipende n ze

Wednesday, January 25th, 2023

Postilla di passaggio fra il pensieroso e quel tempo del limbo che si perde prima di andare a dormire: quando dai un taglio ad una dipendenza – fisica e sostanziale, mettiamo, ecco che affiorano tutte le altre, un po’ alla volta, coi loro malesseri connessi. Ecco i socialnetwork che ribussano alla porta, ricordandoti che c’erano prima loro, ad innaffiarti l’esistenza di sibilanti ossessioni sibilline. Dieci anni fa c’era ancora qualcosa d’interessante, poi ci siamo scoperti tutti dei guardoni, dei mezzi stalker, e poi oggi quel blu di sfondo che qualcuno, a suo tempo, ci disse istigava la dipendenza, ma noi non sapevamo mica cosa farcene, come rispondergli, che se davvero era così, cos’avremmo potuto farci? a quel tempo faccialibro proponeva una gamma di colori possibili, con cui personalizzare ciò che avrebbe ipnotizzato il nostro sguardo [i social hanno sperimentato tante cose, sotto i nostri occhi, grazie ai nostri occhi, ma di volta in volta le modifiche e le sperimentazioni non lasciavano un segno, se non labili tracce nella memoria incosciente; sperimentazioni umane in questa scienza della vita da ormai anni trascorsi], ma poi non se n’è fatto niente, tutto è tornato al monocromo blu dipendenza, una storia vecchia e stinta, ci torno controvoglia, in preda alla noia, ed è un brulichio altalenante fra i contenuti sponsorizzati e quelli ‘consigliati per te’, perché il piccolo mondo che ti sei costruito intorno negli anni è andato appassendo, alcuni sono morti ma neanche lo sai, e nessuno pubblica più granché, così non mi resta che mostrarti ciò che credo possa interessarti, e tu ti interessi perché hai un disperato bisogno di trovare qualcosa che desti il tuo interesse, susciti la tua attenzione bramosa di chicche, curiosità da quattro spicci che potrai rivenderti domani, all’ennesima pausa-studio consumata una dopo l’altra in compagnia di gente che non conosci, ed eppure la senti vocicchiare senza sosta, l’ascolti a malapena ma non vedi l’ora di straparlare, di dire la tua – la rivisitazione rimasticata della boiata che faccialibro ti ha suggerito pensando potesse interessarti, ma per lo più sei tu che hai scelto che ti sarebbe interessata, quasi a qualsiasi costo.

E’ il vecchio che avanza, ci torni con un misto fra lo sdegno e la nostalgia, pubblicano stati soltanto vecchi compagni che ancora trovano qualche emozione nel vedere crescere il numero dei mipiace alle loro farneticazioni, alle loro disillusioni tristi messe in piazza. Ci torni perché c’è una parte di te, racchiusa fra le pareti impalpabili di quel profilo fattosi un giorno, d’improvviso diario, senza realmente volerlo, che si potesse scegliere. C’è tanto di te, tracce insperate, parti della tua storia, emozioni e tempo speso a cercare un riconoscimento, un posto in quell’etere pallido e smunto. Ci torni perché non sai dove andare, come apri whatsup [che tradotto in lingua italica suona cos’è successo? cosa c’è di nuovo? scoperta di adesso che sarà ben presto dimenticata, ed eppure ha un significato non da poco] perché senti il bisogno di dire, o sentirti dire, qualcosa da qualcuno, quasi qualsiasi. Ritorni perché cerchi qualcosa che un tempo trovavi, e ora non sai più dove cercarlo, e allora ci riprovi, per l’ennesima volta, ma ne esci ogni volta sempre più incupito e scippato del tempo della tua giovinezza che se ne va.

Ritorni, perché neanche più puoi bere, per ordine del medico, e a fumare neanche a parlarne. Ritorni, perché vorresti sapere che fine ha fatto quell’amico di un tempo – caro Pietro, chissà che fai adesso, se vivi ancora là, se sei buono come allora, quasi coglione, tanto eri buono, e un giorno hai cambiato scuola e non ci siamo visti più, se non anni dopo, ma c’era del disagio, e quello è rimasto a impregnare l’aria e i ricordi di te -, chissà com’è diventata quella, se ha preso la strada della palestra o quella della cucina, chissà.

Ci torni perché non sai dove andare, e ogni volta che esci è come prima, e in più non capisci dove sei. E l’idea di eliminarti per sempre è come lasciare una parte di te, fa strano, stranissimo. Siamo paralizzati e non riusciamo a rendercene conto.
E’ tempo di far su i nostri stracci, trascrivere quei pochi ricordi, lambiccare un po’ per dare un taglio a quella pagina del nostro passato. Al passato grazie, al futuro… [continua]

(Laverna, 30 dicembre 2022)

Punto di inizio anno

Wednesday, January 11th, 2023

Stato delle cose attuale. Paralisi dei sensi, dei sogni, disillusione assoluta. raffreddore apocalittico, la sensazione che ogni cosa debba smettere di essere: il contrario della consapevolezza dell’unità del tutto, la tristezza della frammentazione esposta e volontaria, autoimposta, la segregazione delle speranze.
pochi propositi, e in quattro giorni neanche una doccia.
nessuna originalità in questi sbagli, calcificati, come stanche abitudini esauste.
è l’unico modus vivendi di cui l’esperienza è satura satolla. lo scorso gennaio era un ribrezzo simile, le strategie di resistenza sono inscritte nel profondo d’un’anima erosa dalle sue effimere valli. il calcio in streaming, i social, l’accademia quand’è fine a sé stessa: tutto è pervaso da un alone di stanchezza, di disillusione affranta. è un mondo vecchio che bisogna abbandonare.
pito va in subaffitto da qualche parte nell’appennino, sotto il cimone non c’è neve e gli albergatori si lamentano dal governo, è il quattro gennaio ma fuori certo non fa un gran freddo, ci sono nove gradi buoni dice il termometro dell’internet
con queste parole mi impegno in un progetto di rigenerazione spirituale che sia il più possibile sincera, integrale, mi propongo un po’ di astinenza dalle cose dette i piaceri della vita per ricercare l’essenza, sepolta sotto strati d’ipocrite distrazioni fugaci ed irrealizzanti. le amnesie che mi divorano urgono di lasciare il passo alla certezza delle cose essenziali della vita, trovare piacere nel muoversi spostando sé stessi, scrivendo traendo da ciò energie, e non dissipandone a questo fine, e tutto ciò che ne consegue.

ciò che s’attarda ad andarsene. La fine delle ferie forzate, il tennis in tivù, i ghirigori e chi più ne ha più non smetta è un’ovvietà spesso troppo spesso non detta. il calcio, gli sguardi di nascosto alla gente incontrata durante gli anni passati, a scuola, in giro per il paese, al catechismo. Tutti a vender sé stessi, a convincer non si sa chi della qualità inossidabile delle proprie scelte di vita, foto patinate, colori vividissimi, qualche riga biografica intertestuale che rimanda a tutto quello che fate nel vostro tempo: provate in ogni modo di convincerci che ciò che ci date a vedere sia vero, sia proprio così che investite i vostri giorni – perché se insta è un gigantesco supermercato, ed ogni profilo è una vetrina, l’afflato economico totale non potrà mica fermarsi qui, lasciando inavvinghiato l’umano che ancora resta, che ancora eccede il macchinico.

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Instagram è il mondo degli uomini doppi sdoppiati, smezzati tagliati filtrati invetrinati all’infinito smodato. quelli nati prima del 2003 hanno due profili, il primo ufficiale il secondo lavorativo, od espressamente dedicato al loro tentativo d’emergere, di guadagnare attraverso la mercificazione del loro tempo incasellato nelle strutture che le piattaforme mettono a disposizione. entrambi pubblici, solitamente. le ragazze tendono ad avercelo privato. quello lavorativo, molto poco spesso è privato: il lavoro è pubblico, mira a raggiungere il maggior numero possibile di persone – come ogni profilo che si rispetti, del resto. quelli nati dopo il 2003 hanno due profili, il primo ufficiale privato, ‘quello per tutti’, il secondo è il cosiddetto profilo sputtano, dove pubblicano – solo per i loro amici più o meno stretti – le cose proibite che fanno, molto da minori che vogliono far sapere a più persone possibili cose che non deve assolutamente sapere il loro padre, o la loro madre, ma il percorso degenerativo è arrivato qui; ai piccolissimi, oggi quasi adolescenti. per ogni utente, insomma, ci sono almeno due profili. bulimie indentitarie.

il mondo è pieno zeppo di gente sola che non sa come fare il primo passo (toni vallelonga)