Miti d’oggi

Premessa

I testi che seguono sono stati scritti mese per mese nel corso di due anni, dal 1954 al 1956, dietro il richiamo dell’attualità. Tentavo allora di riflettere sistematicamente su alcuni miti della vita quotidiana francese. Il materiale di questa riflessione ha potuto essere molto vario (un articolo di giornale, una fotografia di settimanale, un film, uno spettacolo, una mostra), e il soggetto molto arbitrario: si trattava evidentemente della mia attualità.
Il punto di partenza di questa riflessione era il più delle volte un senso di insofferenza davanti alla «naturalità» di cui incessantemente la stampa, l’arte, il senso comune, rivestono una realtà che per essere quella in cui viviamo non è meno perfettamente storica: in una parola soffrivo di vedere confuse ad ogni occasione, nel racconto della nostra attualità, Natura e Storia, e volevo ritrovare nell’esposizione decorativa dell’«ovvio» l’abuso ideologico che, a mio avviso, vi si nasconde.
La nozione di mito mi è parsa sin dall’inizio render ragione di queste false evidenze; intendevo allora il termine in senso tradizionale. Ma ero già persuaso di una cosa da cui in seguito ho cercato di trarre tutte le conseguenze: il mito è un linguaggio. Così, occupandomi dei fatti in apparenza più lontani da ogni forma di letteratura (un incontro di catch, un piatto cucinato, una mostra di oggetti in plastica), non pensavo di allontanarmi da quella semiologia generale del nostro mondo borghese di cui avevo affrontato il versante letterario in saggi precedenti. E solo dopo aver osservato diversi fatti di attualità ho tentato di definire metodicamente il mito contemporaneo: testo che beninteso ho lasciato alla fine di questo volume in quanto non fa altro che ordinare sistematicamente materiali precedenti.

Scritti di mese in mese, questi saggi non tendono a uno svolgimento organico: il loro legame è di insistenza, di ripetizione. Perché non so se, come dice il proverbio, le cose ripetute piacciono, ma credo che almeno significhino. E quanto ho cercato in tutto questo sono delle significazioni. Saranno le mie significazioni? In altre parole, ci sarà una mitologia del mitologo? Indubbiamente, e il lettore vedrà da sé la mia scommessa. Ma veramente non penso che la questione si ponga proprio in questi termini. La «demistificazione», per usare ancora una parola che comincia a logorarsi, non è un’operazione olimpica. Voglio dire che non posso consentire alla tradizionale opinione che postula un divorzio di natura tra l’oggettività dello scienziato e la soggettività dello scrittore, come se uno fosse dotato di una «libertà» e l’altro di una «vocazione», ambedue atte a schivare o a sublimare i limiti reali della loro situazione: pretendo di vivere pienamente la contraddizione del mio tempo, che di un sarcasmo può fare la condizione della verità.

R. B.”

Roland Barthes. Mythologies, 1957, (trad. it. Miti d’oggi, Einaudi 1970), premessa introduttiva.

 

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