Archive for January, 2025

Otto consigli di Kurt Vonnegut

Monday, January 13th, 2025

Per scrivere un buon racconto (del 1999)

  1. Fate in modo che i vostri lettori non pensino di aver sprecato tempo per leggervi.
  2. Date al lettore almeno un personaggio per cui possa fare apertamente il tifo.
  3. Ogni personaggio che si rispetti deve volere qualcosa, fosse anche solo un bicchiere d’acqua.
  4. Ogni frase deve fare una di queste due cose: rivelare il carattere di un personaggio o far progredire l’azione.
  5. Iniziate la narrazione il più possibile vicino alla fine.
  6. Siate sadici. Non importa quanto siano dolci e innocenti i protagonisti del vostro racconto: fategli accadere cose terribili, in modo che il lettore possa vedere di che pasta sono fatti.
  7. Scrivete per piacere a un solo lettore. Se spalancate la finestra e vi mettete a fare l’amore con il mondo, per così dire, alla vostra storia verrà la polmonite.
  8. Date ai lettori più informazioni possibili, il più presto possibile. Al diavolo la suspense. I lettori devono avere una completa comprensione di ciò che accade, di come e di dove, al punto che dovrebbero essere in grado di terminare da soli la storia nel caso in cui gli scarafaggi si mangino le ultime pagine.

Decalogo di Quiroga

Monday, January 13th, 2025

Dieci consigli per scrivere un buon racconto.

  1. Credi nel maestro – Poe, Maupassant, Kipling, Cechov – come in Dio stesso;
  2. Pensa alla tua arte come a una vetta inaccessibile. Non sognare di dominarla. Quando potrai farlo, ci riuscirai, senza neanche accorgertene;
  3. Resisti quando puoi all’imitazione, ma imita, se l’influsso è troppo forte. Più di qualsiasi altra cosa, lo sviluppo della personalità è una scienza;
  4. Abbi cieca fede non nella tua capacità di trionfo, ma nell’ardore con cui lo desideri. Ama la tua arte come la tua ragazza, con tutto il cuore;
  5. Non iniziare a scrivere senza sapere fin dalla prima parola dove andrai a finire. In un racconto ben fatto, le prime tre righe hanno quasi la stessa importanza delle ultime tre;
  6. Una volta padrone delle parole, non ti preoccupare se siano consonanti o assonanti;
  7. Non aggettivare senza necessità. Inutili saranno tutti gli strascichi che tu aggiunga a un sostantivo debole. Se troverai quello preciso, esso, da solo, avrà un colore incomparabile. Ma bisogna trovarlo;
  8. Prendi i personaggi per mano e conducili con fermezza fino alla fine, senza badare ad altro che al cammino che gli hai tracciato. Non ti distrarre vedendo ciò che essi non possono o non sono interessati a vedere. Non abusare del lettore. Un racconto è un romanzo depurato di pleonasmi. Abbi questa verità per assoluta, quantunque non lo sia;
  9. Non scrivere sotto il dominio dell’emozione. Lasciala morire, e quindi evocala. Se sarai capace, allora, di riviverla come fu, sarai a metà strada del cammino dell’arte;
  10. Non pensare agli amici quando scrivi, né all’impressione che farà la tua storia. Racconta come se la narrazione non avesse interesse che per il circoscritto ambiente dei tuoi personaggi, uno dei quali avresti potuto essere tu. Non altrimenti si ottiene la vita nel racconto.

(1925, Oracio Quiroga – In Appendice a Bestiario, J. Cortazar)

Seconda scrittura

Monday, January 13th, 2025

Qualche tempo fa mi ero messo in testa di scrivere un racconto lungo, se non proprio un romanzo – certo, non proprio un romanzo, insomma non ne avevo mai scritto uno e partire subito così, col botto, mi sembrava un fatto un po’ avventato, comunque sia mi son detto scrivo un racconto lungo per i miei compagni dell’università, e così alcuni mesi dopo ho fatto. La gestazione è durata abbastanza, poi lo scorso settembre mi sono imposto di mettermi a testa bassa per darci dentro per chiuderlo, perchè mi rendono inquieto le porte che rimangono socchiuse, le cose da fare che rimangono lì, in sospeso. E così ho fatto: l’ho scritto. L’ho scritto.

Prima di tutto, o meglio oltre a tutto, nonostante tutto, questo sito è uno spazio di riflessione sulla scrittura, uno sguardo di parole su quella cosa che è la scrittura. Come avviene, come s’inceppa. Cosa funziona, cosa è più facile e cosa è più complesso, cosa riesce e cosa no. Lo scorso settembre è stato un flusso, e a metà ottobre ero giunto alla fine della prima mano. Ero contento e sfinito. Avevo detto buona parte delle cose che volevo, strizzando duecento volte l’occhiolino a ciascuno dei miei – tre – amici. Sì, è vero, non si fa. Ma l’ho fatto, e del resto voleva fin dal principio questo testo esser una sorta di album fotografico di momenti divertenti avvenuti pressappoco realmente che ritrovassero posto in un racconto nuovo, diverso, una storia differente avvenuta nientemeno che nel futuro. Eh sì, perchè è un racconto ambientato nel 2071. Per arrivarci ho fatto il giro più breve, ma comunque mi sono sentito in dovere di scrivere la storia da oggi ad allora, gli eventi più significativi a livello geopolitico che sono avvenuti nel corso degli anni (siamo geografi, del resto) ecc ecc.

L’ho fatto, l’ho scritto. Non dico niente, forse un giorno lo pubblicherò a puntate qui, perchè no. Forse per salvare la sanità di chi non legge, o per non monopolizzare il tutto. Fatto sta che poi l’ho stampato in modo grezzo, ed ora mi tocca rimetterci le mani – la seconda mano – per poi serenamente dirmi contento e concluso, soddisfatto o meno poco importa. Oggi è il dodici febbraio, ho circa un mese di tempo per farlo. Non mi va molto, so che sarà faticoso. Mi chiedo: indugio su ogni frase, o per la maggiore me ne disinteresso? Bastone o carota? Da un lato c’è da sistemare del tutto la lingua, il fatto linguistico primario; dall’altro da aggiustare diverse questioni tematiche,

[il giorno dopo, le cinque e mezza. Inizio ora a lavorare, diciamo così. Eccoci. Insomma. Giornata di oggi: revisione auto, cambio gomme, pieno. Cinque piotte. Vai così. Al centrorevisione, comunque, alcune considerazioni utili – detti pensieri – sull’importanza della seconda scrittura. Mi sembra di dover rifare tutto, o quasi. Aggiungere tutto, o quasi. Curioso. La possibilità di scrivere la seconda puntata è quella di scrivere di nuovo la prima, aggiungendo tutto – o quasi – quello che manca, cosicchè si possa evitare del tutto o quasi una seconda puntata.

Devono succedere altre cose. Devo capire da che parte iniziare. Aggiorno presto.

La copertina è questa. L’ho disegnata a mano un giorno che non sapevo cosa fare, e non è che è molto bella, però riempie tutta la pagina e rende abbastanza bene le volontà caleidoscopiche del testo.

Gli uomini pesce

Sunday, January 12th, 2025

Inauguro la serie “un anno di libri” e augurando buon anno a chi legge queste pagine, mi propongo di tornare su questi lidi per dire volta per volta: ho letto questo libro, e poi questo, e questo e questo. Gli anni si accumulano e con questi anche i libri che a natale amici e parenti mi regalano. Ho deciso quest’anno di sgrossare la lista di libri regalati che non leggerò mai per inerzia, e di combattere la mia dipendenza con la lettura – e la scrittura, si vede. Non mi immagino granchè, perchè uso le dita tutto il giorno e arrivo a sera che sono bollito duro, e non so fino a che punto mi fa scrivere recensioni inutili. Comunque, vediamo come va.

di Wu Ming 1, Gli uomini pesce (Einaudi 2024). Regalo di P. Letto fra il ventinove di dicembre e oggi, il due di gennaio del duemilaventicinque.

Romanzo sul delta ferrarese, ma più su ferrara. L’autore è un uomo, la protagonista una donna, professoressa di geografia a Padova, all’università. Lo zio è un famoso cineasta che muore e si scopre che era trans, o meglio: non è che si scopre proprio del tutto. La Resistenza nelle Valli, i partigiani come “uomini pesce” ante litteram, un genere macedonia intertestuale che mi sembra sperimentazione ma non attecchisce granchè. La vicenda maestra, quella “al presente”, è ambientata nell’estate del duemilaventidue. Pagine di commenti alle misure anti-covid, il quale – il Covid – si fa fatto narrativo, accomunante con cui fare i conti nel raccontare la storia. Antonia, la geografa, Arne il musicista che fa musica elettronica con i rumori delle aree abbandonate – SonicAlly. L’intertestualità della fantasia di Wu Ming 1 mi ricorda certe fantasie che faccio in periodi poco lieti del mio tempo. Libri non scritti ma immaginati come esistenti e pubblicati, vicende nelle vicende… la trama è povera, l’ho già detto? Ciononostante, ci sono diversi elementi che funzionano, senza dubbio. La lettura scorre, anche se non è così godereccia. La parte che ho apprezzato di più è quella che riguarda la storia delle Valli, le ultime bonifiche degli anni Sessanta, il taglio di Porto Viro della Serenissima, del 1604, col quale il Po è incanalato verso Venezia… Seicento pagine di tante cose, non so se proprio quel “romanzo maestoso” che dice nel retro del libro. C’è di tutto, è un calderone pauroso. Il congedo dall’università… Stefania dietro l’angolo, lo scrittore Vuk Kandiski e altre boiollate che non so bene come pormi. Comunque, il primo è andato.

In altre parole.

Caro P., grazie del dono. L’ho letto subito, come faccio poche volte. Si fa leggere bene, scorre rapido come un torrente secco. Il suo essere quasi-nuovo, poi, è un pregio, perchè l’ho letto senza la paura di graffiarlo o sdrucciolirlo, essendo già vissuto di per sè. Che dire, ci credo tuo papà non l’ha apprezzato molto. Anche io non credo d’averlo apprezzato granchè, sebbene certi passaggi mi siano piaciuti, e comunque l’ho “divorato”, come direbbe qualcuno. Il giorno di Natale dello scorso anno, regalo dei miei zii – quasi una tradizione, l’avevo passato leggendo l’ultimo libro di paolocognetti. Uso il natale come occasione per ricominciare a leggere, e questo libro rappresenta il tentativo di questo natale in questo senso. Vorrei dedicare una mensola ai libri che leggo quest’anno. Beh, non molto da dire, in effetti. Lo sapevo già.

Buona così.